Nuovo Codice, cambiamenti in arrivo (ma c’è ancora molto da fare…)

 

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici ha visto la luce il 19 aprile scorso sotto il nome di Decreto Legislativo n. 50/2016 (con un giorno di ritardo, va detto per dovere di cronaca, sulle indicazioni provenienti dall’Europa). Il decreto di riordino complessivo della materia dei contratti pubblici è stato infatti pubblicato nella GU n. 91 del 19 aprile ed è entrato in vigore lo stesso giorno. Si compone di 217 articoli, circa un terzo rispetto ai 660 del “vecchio 163/2006”, che viene abrogato a differenza del Regolamento 207/2010, il cui pensionamento è invece differito.

Le novità rilevanti

Addio (o quasi) al massimo ribasso, semplificazione del quadro normativo, trasparenza, qualificazione delle stazioni appaltanti, rating per le imprese, attenzione al “green public procurement” e nuove regole soprattutto per i servizi. Senza dimenticare il ruolo cruciale affidato all’Anac di Raffaele Cantone, che diventa un po’ il “super arbitro” degli acquisti pubblici. Questi sono alcuni degli elementi innovativi del nuovo Codice che avranno le maggiori ricadute in ambito sanitario, naturalmente in attesa delle (a quanto pare imminenti) Linee-guida dell’Anticorruzione declinate secondo le specificità dei diversi comparti. Il testo, infatti, rappresenta una sorta di “quadro” entro il quale si inseriranno, secondo il principio della “soft law” (altra importante novità) i successivi provvedimenti dell’Anac, che senza dubbio saranno più duttili rispetto ai precedenti Regolamenti. Anac che, come detto, diventa il fulcro del nuovo sistema, con una serie di compiti e poteri davvero ampi. Per una volta uniamoci al coro degli “avvocati del diavolo”: riuscirà a farvi fronte a risorse invariate? Se così non fosse, il meccanismo rischierebbe di incepparsi prima ancora di entrare a regime, anche perché la fattibilità del Codice -molto coraggioso, a detta dello stesso Cantone, nello scommettere su una maggiore discrezionalità della pubblica amministrazione- dipenderà proprio dal ruolo dell’Anac, che ha già fatto capire di muoversi per tempo. Inoltre, dato molto interessante, lo stesso Cantone ha sottolineato, in una recente intervista al Fare (vedi link sul sito), che la vera novità sarà il coinvolgimento, nella definizione delle Linee guida, degli stessi operatori dei vari comparti, cioè di coloro che, oltre ad avere un’impeccabile conoscenza teorica del sistema, vi operano concretamente tutti i giorni, e dunque ne conoscono anche le dinamiche -e le problematiche- sul piano pratico. “Metteremo in consultazione le linee guida e su queste ci confronteremo con gli operatori.  Un tentativo di far parlare chi sa di cosa si parla che forse rappresenta la vera svolta”, ha detto.

La qualificazione delle stazioni appaltanti

Un aspetto che senza dubbio interessa particolarmente la sanità è quello relativo alla qualificazione delle stazioni appaltanti. Si tratterebbe -e non è come dirlo- di superare la logica per cui tutti sanno fare tutto. Anche a questo proposito Cantone è stato chiarissimo: “Oggi il nuovo codice parte dall’idea che si può fare se si hanno le competenze.” E poi ha fatto un esempio: “Io non credo che il comune di 800 abitanti nel cui territorio cade un costone di roccia e che deve fare un appalto da 2 miliardi sia in grado di farlo. Non è una messa in discussione dell’autonomia di quel comune. Semplicemente credo che per fare bene la stazione appaltante occorra dimostrare di saperlo fare, e questo supera la logica del vecchio codice, secondo cui tutti potevano fare tutto. Oggi non è più così, e in questo senso il nuovo codice è rivoluzionario perché introduce un principio impensabile solo qualche anno fa”. Il sistema di qualificazione delle pubbliche amministrazioni, insomma, è una delle novità più importanti del nuovo testo, e a quanto sembra sarà modellato su quello degli operatori economici.  Anche le stazioni appaltanti, come le imprese, dovranno in pratica dimostrare di rispettare requisiti prefissati dall’Anac. Il meccanismo di qualificazione sarà organizzato sulla base della complessità dei contratti e per fasce di importi. L’Anticorruzione valuterà quattro requisiti di base: strutture organizzative, presenza nella struttura di dipendenti con competenze specifiche, sistema di formazione ed aggiornamento del personale, numero di gare svolte nel triennio. Oltre a questi, ci saranno alcuni requisiti premianti: attuazione di misure di prevenzione dei rischi di corruzione, sistemi di gestione della qualità, disponibilità di tecnologie telematiche, livello di soccombenza nel contenzioso, applicazione di criteri di sostenibilità ambientale.

Stop al massimo ribasso?

Fra le novità che interessano il mondo della sanità c’è anche il “giro di vite” sul massimo ribasso, particolarmente importante nel settore dei servizi, visto che nel testo si esclude il ricorso al massimo ribasso per i servizi ad alta intensità di manodopera (oltre il 50% del costo). In generale, si può dire che quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa diventa il criterio prevalente: dovrà essere utilizzato sempre al di sopra di un milione di euro per i lavori e i 209mila euro per i servizi e le forniture, anche se –va detto- nel testo sembrano annidarsi ancora molte possibilità di “appiglio” per le amministrazioni che intendessero derogarvi. Un altro aspetto riguarda gli elenchi dei commissari che verranno tenuti dall’Anac nel caso degli appalti più “sostanziosi”. Un aspetto, questo, sulla cui effettiva fattibilità si è discusso molto e molto ancora si discuterà.

Rating di impresa

Sempre targato Anac sarà anche il “rating” per le imprese, anche questa una cosa di cui da tempo ormai si discute (di fatto un rating di legalità Agcm esiste già, e proprio questo rappresenterà il modello). Il Codice per la prima volta introduce un sistema in grado di valutare la storia dell’impresa, al di là della qualificazione. Come dicevamo, sarà modellato sul rating di legalità che oggi viene utilizzato dall’Antitrust nell’ambito dei finanziamenti privati e pubblici. Sarà di nuovo l’Anac a fissare i principi di questo sistema di valutazione, che andrà a integrare la normale qualificazione. Il sistema sarà una specie di “storico” delle imprese: racconterà, di fatto, il curriculum e la storia di ogni impresa, i suoi precedenti lavori, gli eventuali ritardi, i contenziosi, il rispetto dei costi, le irregolarità nei pagamenti dei contributi previdenziali e così via, e sarà insomma un “pedigree” essenziale per partecipare alle gare.

Ricapitolando…

Ricapitoliamo dunque il quadro allo stato attuale della questione dal punto di vista della sanità: da un lato abbiamo nuove regole per gli acquisti pubblici, definite appunto dal Decreto 50, appena uscito. Queste nuove regole comprendono, fra l’altro, la qualificazione delle stazioni appaltanti, ma attenzione: le stazioni appaltanti, nel frattempo, vengono ridotte sia con provvedimenti  sia a livello nazionale, con la famosa lista Anac dei 35 soggetti aggregatori (fra cui Consip, le centrali regionali e delle province autonome, le città metropolitane), sia a livello locale (la nuova organizzazione della sanità lombarda potrebbe essere destinata a fare scuola in questo senso, perché valorizza le aggregazioni intermedie). Inoltre, con il DPCM del 24 dicembre 2015 di attuazione dell’art. 9 comma 3 del dl 66/2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 9 febbraio 2016 n. 32, sono state individuate le 19 categorie di beni e servizi (ben 14 sono quelli riferiti alla sanità) per le quali l’Anac (di nuovo) non rilascerà il CIG (Codice Identificativo di Gara) alle stazioni appaltanti che non ricorrano ai soggetti aggregatori. Le soglie indicate, che vanno dai 40mila ai 209mila della soglia comunitaria) rappresentano l’importo massimo annuo, a base d’asta, negoziabile autonomamente per ciascuna categoria merceologica da parte delle singole amministrazioni. Il che, per il mondo della sanità, significa l’obbligo di passare attraverso i soggetti aggregatori per buona parte dei suoi acquisti. Fra le varie criticità c’è il fatto che dei soggetti aggregatori  solo un quinto è attualmente attivo, col risultato che, ad oggi, molte aree italiane risultano scoperte. Non solo: e se l’ente aggregatore di riferimento non avesse attivato una convenzione per i beni o servizi di cui necessito? A questo proposito non sfuggirà che, proprio per fare fronte a tali criticità, a fine febbraio il Mef ha emanato un’importante circolare indirizzata ai Direttori generali di Asl, Ao, Irccs pubblici, Aou e degli Assessorati alla salute contenente “Indicazioni per l’attuazione della norma sull’acquisizione di beni e servizi del settore sanità”. In essa si stabilisce che, in primo luogo, gli enti del Ssn devono verificare la presenza di iniziative attive (leggi convenzioni) alle quali aderire presso il soggetto aggregatore di riferimento o presso Consip. Nell’ipotesi in cui la centrale di riferimento non fosse attiva o non disponesse dei beni o servizi richiesti, occorrerà individuare, ai fini dell’approvvigionamento, un’altra centrale di committenza, fra cui anche Consip. In assenza di iniziative attive sarà possibile per l’ente stipulare un contratto ponte per lo “stretto tempo necessario” all’avvenuta attivazione del contratto da parte della centrale d’acquisto di riferimento. Si potrà anche stipulare anche un “contratto ponte”, nel caso in cui il contratto in scadenza lo avesse previsto, per “la ripetizione di servizi analoghi” per lo “stretto tempo necessario” all’avvenuta attivazione del contratto da parte della centrale d’acquisto di riferimento. Attenzione, però: in questi contratti ponte dev’essere presente una clausola risolutiva espressa secondo cui qualora fosse attivata, da parte dell’ente di riferimento, una convenzione per le categorie merceologiche di cui si necessita, il contratto risulterebbe risolto. Insomma, da un lato avremo gli acquisti “sopra soglia di rilevanza” (si ricordi, su base annua), che dovranno passare attraverso i 35 “soggetti aggregatori”, a meno che nessuno di questi, Consip compreso, disponga del bene o del servizio richiesto (lì scatterebbe il “contratto ponte”, ma solo per lo stretto tempo necessario e, si badi, con clausola risolutiva espressa). Vale giusto la pena di ripetere che ci sarebbe anche la possibilità di non aderire alle convenzioni centralizzate, ma in questo caso le amministrazioni entrerebbero in un territorio molto insidioso.  Dall’altro restano gli acquisti sotto la soglia, che potranno essere gestiti dai singoli enti previa qualificazione (almeno a quanto sembra finora).

La “fase transitoria”

Chiudiamo dicendo che fra le grandi incognite del nuovo testo c’è senza dubbio quella della fase transitoria: il codice è entrato in vigore il 19 aprile, subito abrogando il vecchio Dlgs 163, mentre per le linee guida dell’Autorità bisognerà aspettare ancora, e nel frattempo resterà in vita il vecchio Regolamento (Dpr 207/2010, che contiene il “noto” allegato “p” che spalanca il portone al massimo ribasso), che dovrà comunque essere “dismesso” entro la fine di quest’anno. Un assetto che certamente non mancherà di creare problemi di applicazione per le amministrazioni e stazioni appaltanti. Ci sono poi altre incognite: ad esempio, come si farà a gestire le gare con i commissari esterni estratti a sorteggio in assenza dell’albo Anac? Inoltre si parla anche di una quarantina di decreti attuativi, ma staremo a vedere.

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