Distrazione analisi, intramoenia, disservizio: condannato un primario milanese

La corte dei Conti della Lombardia, con la recente sentenza 69/2017 (11 maggio), ha condannato un medico per l’attività svolta senza intramoenia. Il caso riguarda un dipendente del Ssn, nella fattispecie un primario milanese, che ha percepito la retribuzione prevista per i dirigenti in rapporto di esclusività, nonostante il contestuale svolgimento di attività professionale extramuraria presso il proprio studio privato, in palese e immediata infrazione della disciplina vigente e senza autorizzazione (articolo 72, comma 6, delle legge 23 dicembre 1998 n. 448). E così il dipendente ha l’obbligo di restituire le retribuzioni percepite e risarcire il danno materiale subito dall’azienda devolvendo a quest’ultima anche i compensi illecitamente percepiti: in tutto 175.459,84 euro. Egli, direttore di “Anatomia patologica” in un ospedale, in servizio a tempo pieno in regime esclusivo, in realtà eseguiva per conto di un laboratorio in convenzione e di ginecologi privati esami pap-test senza riversare il dovuto all’Asl di riferimento. Per ogni pap-test riceveva un corrispettivo di 20-30 euro. I giudici lombardi hanno analizzato il caso in relazione a tre categorie di danno: distrazione delle analisi eseguite “in nero”; retribuzioni pagate per l’attività intramoenia illecitamente percepite e danno da disservizio. Vediamoli uno per uno.

Distrazione di analisi – Non essendoci uso di attrezzature pubbliche, secondo il medico non vi sarebbe neppure danno ma solo un irrituale svolgimento della autorizzata attività intramoenia presso altra struttura che si sarebbe tradotta in una mera omissione nel riversare, effettuando esami di pap-test “in nero”, la percentuale (ben inferiore ai 30 euro a esame contestati) spettante alla Azienda dov’era dipendente. Tale ricostruzione non è condivisibile, affermano i giudici, in quanto l’attività intramoenia che comporta il riversamento alla Azienda della minimale percentuale sull’introito dell’analisi, presuppone il suo rituale espletamento secondo le regole legali e convenzionali e deve essere stata in precedenza autorizzata. L’espletamento “in nero” di analisi private configura oggettivamente una attività “extramoenia di fatto”, come tale non autorizzata, e con conseguente ricaduta nel regime restitutorio di cui all’articolo 53, comma 7, del Dlgs 165/2001, meglio noto come “Testo unico del pubblico impiego”, che prevede che –salvo alcune espresse eccezioni- non possano svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza.

Indennità intramoenia  – Quella oggetto della sentenza, afferma la Corte, costituisce attività connotata da dolo e conseguentemente devono essere rimborsate le quote stipendiali previste per l’esclusività. Tale danno è stato quantificato dalla Procura in euro 73.694,92 lordi, ridotto in euro 55.459,84 in quanto da tale somma il collegio ha ritenuto di scorporare la quota fiscale e previdenziale, aderendo a un orientamento di pensiero tutt’altro che maggioritario. L’interpretazione di qualsiasi norma che imponga il recupero di somme retributive, affermano i togati Lombardi, indebitamente versate a un lavoratore pubblico, deve essere nel senso che la somma da recuperare è quella al netto delle imposte (pagate su fatture esterne o in dichiarazione dei redditi secondo propria aliquota fiscale) già corrisposte al fisco dalla parte convenuta (o, con ritenuta alla fonte, dal datore erogante la retribuzione), ovvero l’importo effettivamente entrato nella sfera patrimoniale del dipendente. Si consideri altresì, prosegue, che tali importi fiscali e/o previdenziali rappresentano innegabilmente una forma di vantaggio ottenuto da altra amministrazione (in un’ottica di “finanza allargata”), ai sensi dell’articolo 1, comma 1-bis, della legge 20/1994.

Disservizio – Nonostante l’evidente fatto doloso, nessun danno da disservizio è stato imputato al sanitario mancando l’effettiva prova del danno anche in ragione del fatto che le prestazioni, per quanto in nero, non vennero rese con strumenti dell’azienda ma fuori orario di servizio e con mezzi privati.
Nella specie, a fronte di fatti non costituenti reato, ma di una violazione di normativa meramente lavoristica, in quanto l’articolo 53, comma 7, del citato Dlgs n. 165 non ha natura sanzionatoria, ma meramente recuperatoria di un danno erariale al pari del danno da maggiorazioni retributive percepite in assenza di una reale esclusiva lavoristica.

Sentenza corte conti Lombardia

 

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