Indagine civica sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari

Lo strumento di indagine è stato realizzato da Cittadinanzattiva con il coinvolgimento dell’ AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), FARE (Federazione delle Associazioni Regionali degli Economi e Provveditori della Sanità); FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri) e diverse Società scientifiche

“La nostra è ormai una medicina amministrata non più esclusivamente dalla professionalità medica, ma dagli apparati burocratici amministrativi, in particolar modo quelli di carattere regionale. A questo proposito voglio ricordare il decreto appropriatezza dello scorso anno, che ad oggi è forse l’esempio più eclatante della medicina amministrata dalla burocrazia”. Questa una delle riflessioni fatte da Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva, alla presentazione dei risultati dell’“Indagine civica sull’esperienza dei medici in tema di aderenza alle terapie, con focus su farmaci biologici e biosimilari”. L’indagine, condotta da Cittadinanzattiva, con il contributo non condizionato di Assobiotec, su un campione rappresentativo di 816 medici, di cui 404 abilitati alla prescrizione di farmaci biologici e/o biosimilari, è stata promossa con l’obiettivo di indagare quanto e come i pazienti siano consapevoli delle terapie che assumono; se, e quanto conoscono i farmaci biologici e biosimilari; e cosa osta, nel loro percorso terapeutico, al pieno successo della cura (poca informazione, dubbi ecc). Allo stesso tempo si è voluto anche rilevare l’esperienza dei professionisti rispetto al tempo e alla relazione di cura con il paziente, e approfondire gli ambiti relativi alla prescrizione e all’uso dei farmaci. I dati raccolti dall’indagine parlano a più riprese di medicina amministrata burocraticamente, lo fanno ad esempio quelli relativi al “tempo di cura”, quel tempo cioè che il medico dovrebbe dedicare al paziente, come tempo di ascolto. L’indagine di Cittadinanzattiva ha rilevato come un medico su tre lo ritiene insufficiente/inadeguato per carenza organizzative e di personale. E se il medico evidenzia criticità nel dedicare tempo al paziente, come non parlare di burocratizzazione della medicina davanti al dato che ci dice che un medico su cinque cambia terapia al malato non per rispondere ad esigenze terapeutiche ma solo per contribuire alla sostenibilità economica del Servizio Sanitario Nazionale; oppure, più semplicemente, perché la procedura di acquisto ha messo il professionista davanti all’obbligo di poter somministrare solo un certo tipo di farmaco.  Un medico su tre ha inoltre espresso la sua difficoltà nell’argomentare la continuità terapeutica. Fra i diversi partecipanti al tavolo di presentazione del lavoro di Cittadinanzattiva, Claudio Amoroso della FARE, la Federazione degli Economi e dei Provveditori della Sanità che ha partecipato a questa indagine, ha cercato di far capire perché coloro che fanno gli acquisti sembrano, a volte, giungere ad un “risultato inappropriato” che può produrre poi la mancata continuità terapeutica o l’inappropriatezza del farmaco. “La FARE, ha detto Amoroso, ha espresso il suo parere positivo sull’utilizzo dell’Accordo quadro per l’acquisto dei farmaci. Questo procedimento però, se da un lato offre la possibilità di avere più di un competitor, dall’altro presenta alcune criticità che si sarebbero dovute, e potute superare durante la discussione dell’ultima legge di bilancio ma, come tutti sappiamo, poi si è andati al voto di fiducia e i correttivi che ci dovevano essere, non ci sono più stati. Tra i limiti dell’Accordo quadro c’è quello che impone a tale procedura di essere utilizzata solo nel caso in cui ci sono più di tre competitor. Sarebbe stato auspicabile che questa soglia fosse eliminata”. Amoroso ha poi parlato delle criticità nella continuità terapeutica, dicendo “Il codice dispone che a seguito di una procedura di Accordo quadro si deve attingere alla graduatoria risultata. Capita spesso però, che in questa graduatoria manchi il produttore dell’originator perché magari ha disertato la gara. Ecco allora insorgere le difficoltà nell’assicurare la continuità terapeutica. Ovviamente resta la possibilità, al responsabile dell’acquisto, di considerare quel tipo di prodotto come un acquisto infungibile, ma questa però è un’altra storia”. Sul tema poi dell’attenzione alla spesa del farmaco, Tonino Aceti ha posto l’accento sul fatto che: “già più volte in passato è stato sollevato il tema della trasparenza sui risparmi, chiedendoci, o meglio lanciando l’interrogativo sul dove sono finiti, o meglio sul come sono stati utilizzati i risparmi ottenuti dalla spending review. Ora, sul tema dei farmaci ci chiediamo parimenti dove sono finiti o meglio, come sono stati reinvestiti i risparmi ottenuti attraverso l’utilizzo dei biologici e dei biosimilari. Perché se è vero, come è vero, che l’uso dei biosimilari produce risparmio, è diritto del cittadino, ma anche del professionista, sapere come vengono spese le risorse risparmiate”. A circa la metà dei medici coinvolti nell’indagini, risultati abilitati alla prescrizione di biologici/biosimilari sono state rivolte una serie di domande sull’utilizzo di questi farmaci.  Ecco allora che le loro risposte ci raccontano, ad esempio, come di fronte ad un paziente che deve assumere per la prima volta (naive) una terapia con biologico o biosimilare il 28% dei professionisti dichiara di prescrivere il farmaco biosimilare nel rispetto di indicazioni regionali; il 24% opta per il biosimilare; il 20% prescrive il medicinale, indifferentemente biologico o biosimilare, che si è aggiudicato la gara d’acquisto o a minor costo. Mentre, il 27% orienta la scelta sul farmaco biologico originatore. Questo dato merita una lettura approfondita.

di Enza Colagrosso

Programma Biosimilari 23 febbraio 2017 (1)

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