Una reale «clinical governance» per incrociare fabbisogni e offerta

L’appropriatezza in generale è immediatamente percepita come «la cosa giusta al soggetto giusto, al momento giusto da parte dell’operatore giusto nella struttura giusta». Un intervento (o servizio o prestazione) sanitario può essere definito appropriato da punto di vista professionale se è di efficacia provata e dal punto di vista organizzativo se viene erogato in condizioni di efficienza tali da “consumare” un’appropriata quantità di risorse.

In tutti i Paesi sviluppati dove negli ultimi anni c’è stata una crescita della domanda di prestazioni diagnostiche, le politiche tese a razionalizzare le strategie di offerta si mostrano insufficienti nel lungo periodo se non vengono affiancate da una corretta politica di governo della domanda che trovi il fulcro nell’appropriatezza delle prestazioni erogate. Quindi occorre individuare il reale fabbisogno di prestazioni e, di conseguenza, far coincidere la relativa domanda con il bisogno individuato.

La traduzione operativa di questi concetti si colloca sostanzialmente nello sviluppo di una reale “clinical governance” che veda i professionisti direttamente coinvolti e responsabilizzati. Tra i professionisti coinvolti abbiamo in primis i clinici ma nella filiera dell’appropriatezza sono determinanti anche le figure che gestiscono le procedure acquisitive che tratteremo in questa sede. Infatti l’appropriatezza è un sistema clinico organizzativo alla cui efficienza concorrono anche la gestione delle procedure di gara e dei controlli di sostenibilità, nonché l’evoluzione e l’adeguamento normativo. Attraverso questi percorsi è possibile garantire l’equità del servizio, la qualità e la sostenibilità dei processi, nonchè la costruzione di un modello di governance appropriato ed efficace.

In questo processo determinante è la fase di programmazione delle acquisizioni, infatti l’articolo 21 del nuovo Codice, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici adottino il programma biennale degli acquisti di beni e servizi. Per programmare correttamente è necessario che i clinici forniscano sin da questa fase tutti gli elementi tecnici che andranno successivamente a far parte dei capitolati di gara con l’individuazione degli obiettivi prestazionali che si vogliono raggiungere, nella considerazione che i fabbisogni segnalati dovrebbero e potrebbero essere aggregati all’interno di un’unica procedura centralizzata e quindi eventuali specifiche caratteristiche tecniche richieste potrebbero essere parzialmente recepite in sede di omogeneizzazione dei beni oggetto di gara.

In tale percorso l’interlocutore del clinico è il Responsabile unico del procedimento (Rup aziendale o del modulo aggregativo), che è responsabile dell’unità organizzativa per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dell’appalto. Impostare il capitolato tecnico e scegliere una procedura di gara in termini non corretti e coerenti con la normativa, con le linee guida e con le buone pratiche di laboratorio, può rappresentare un elemento di inappropriatezza che si ripercuoterà sicuramente sulla prestazione sanitaria finale. Evidentemente il legislatore e l’autorità Anticorruzione per prevenire ed attenuare tali rischi ha richiesto specifiche competenze e formazione professionale al Rup e ai componenti delle commissioni giudicatrici, oltre alla qualificazione delle stazioni appaltanti.

Con l’entrata a regime di tale qualificazione è previsto che il Rup debba possedere, oltre ai requisiti professionali, la qualifica di Project manager, essendo richieste competenze di pianificazione e gestione dello sviluppo di specifici progetti, anche attraverso il coordinamento di tutte le risorse a disposizione e gli interventi finalizzati ad assicurare l’unitarietà dell’intervento, il raggiungimento degli obiettivi nei tempi e nei costi previsti, la qualità della prestazione e il controllo dei rischi. Quindi si dovrà partire dalla riorganizzazione e dalla reingegnerizzazione dei laboratori, laddove questo non sia già avvenuto, con l’omogeneizzazione e la standardizzazione delle procedure, quantomeno per le metodiche routinarie, per essere coerenti con l’aggregazione della domanda ai livelli che ciascuna regione definirà.

Nella scelta del tipo di procedura di gara da utilizzare occorre verificare, attraverso ricerche di mercato, l’eventuale presenza di prodotti infungibili. L’informatizzazione del laboratorio e l’interfacciamento delle apparecchiature rappresentano un elemento fondamentale da non sottovalutare, infatti come ci ricordano l’autorità Anticorruzione e l’autorità Garante della Concorrenza e del mercato occorre evitare di trovarsi in situazioni caratterizzate da fenomeni c.d. lock-in, quindi viene ritenuta determinate la fase di progettazione del servizio o del bene per verificare l’eventuale rilevanza dell’after market, con una valutazione dell’intero ciclo di vita del prodotto. Altro elemento da valutare nella costruzione della gara è la composizione dei lotti e la definizione del prezzo da porre a base d’asta che dovrà risultare da uno studio del mercato. Per completare l’analisi nel processo di gara occorre definire i criteri di valutazione delle offerte che nella medicina di laboratorio non può che essere quella della qualità-prezzo. La scelta dei parametri valutativi e la fissazione di soglie di sbarramento devono garantire innanzitutto la qualità delle prestazioni ma nello stesso tempo i criteri devono essere pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche tecniche dei prodotti richiesti. Tuttavia l’appropriatezza non si ferma alla fase della procedura di gara, ma va perseguita fino alla completa esecuzione del contratto, verificando sul campo la conformità del progetto presentato rispetto a quanto effettivamente realizzato in laboratorio e valutando quanto ciò rispecchi le esigenze degli operatori che a loro volta dovranno e potranno erogare delle prestazioni appropriate. Una criticità in conclusione va evidenziata: spesso l’utilizzatore/l’unità operativa, anche per effetto della centralizzazione degli acquisti, deve utilizzare un prodotto/servizio per il quale non ha espresso alcun giudizio valutativo con tutte le conseguenze che ne possono derivare.

CLAUDIO AMOROSO direttivo Fare

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