Tfr, possibili accordi datori-dipendenti

La nuova “legge sulla concorrenza” 124/17, vigente dallo scorso 29 agosto, ha cambiato le carte in tavola per quanto riguarda la disciplina della destinazione del Trattamento di fine rapporto (Tfr).

La riforma del 2007

Come si ricorderà, da 10 anni (dal 2007) il lavoratore assunto ha l’obbligo di manifestare la proprie intenzioni riguardo al Tfr, potendo scegliere se mantenerlo come forma di retribuzione differita (cioè da ricevere alla fine della carriera) oppure destinarlo a fondi pensione. Il silenzio era interpretato come assenso alla collocazione nei fondi-pensione, con scelta non più ritrattabile.

Cosa cambia

Oggi, però, cambia un “dettaglio” fondamentale: grazie all’entrata in vigore del sopra ricordato (e linkato) provvedimento sulla concorrenza, infatti, da oggi -anzi, da fine agosto- chi opta per una pensione “alternativa” non deve più rinunciare interamente al proprio Tfr.

Modificando il Dlgs 252/05 all’articolo 8, in particolare, la legge stabilisce che accordi, presi anche a livello aziendale, possono stabilire la percentuale minima di Tfr da destinare a previdenza complementare.

Datori e lavoratori, in questo modo, possono accordarsi sulla possibilità di investire solo una quota del Tfr, preservando sia la buonuscita, sia l’opzione di costruirsi una rendita aggiuntiva alla pensione ordinaria.

Sei mesi di tempo, vale ancora il silenzio-assenso

Sei sono i mesi di tempo che il dipendente ha per manifestare le proprie intenzioni a proposito. Si può fare in due modi, uno esplicito, l’altro tacito. Nel primo caso vale la forma scritta, attraverso modulistica dedicata da presentare direttamente al proprio datore. Se si opta per la modalità tacita, vale la regola del silenzio-assenso, e il Tfr finisce tutto nella previdenza integrativa. La legge infatti precisa che in assenza di indicazione, il conferimento è totale.

 

Link legge 124/17

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/08/14/17G00140/sg

 

Condividi