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editoriale F.A.R.E.: appalti malati di corruzione o di mancanza di profesionalità e formazione? Non è possibile considerare la corruzione come unico metro di giudizio degli appalti. La Sandra Zuzzi corruzione è forse il cancro di questi, ma affinché gli appalti siano efficaci ed efficienti Presidente F.A.R.E. (già pubblicato sul bisogna garantire che su di essi operino professionisti competenti e continuamente Sole24oreSanità) formati. Il tema della corruzione torna ormai, con ritmo costante, alla ribalta diffondendo così, in maniera virale, l’idea che questo mondo, sia il ricettacolo di un mal costume che blocca l’agire efficiente per dar spazio solo ad inefficienza e frode. Non è così, e la FARE, la Federazioni degli Economi e dei Provveditori della sanità vorrebbe poter dire la sua, alla luce dell’esperienza importante che rappresenta. Il rischio dell’agire immorale è un fattore di criticità che si può presentare, nell’ambito dei processi di acquisizione, e nel nostro caso specifico in quello di beni, servizi e lavori, ma non si possono dimenticare altri temi importantissimi che ugualmente ne compromettono l’esito quali: l’organizzazione del sistema, l’investimento sulle risorse umane, in termini di selezione del personale e formazione continua dello stesso, e l’ammodernamento tecnologico. Chiarito questo come non cogliere una delle prime conseguenze della spending review, ovvero il ridimensionamento dei fondi dedicati alla formazione del personale che lavora nei processi di acquisizione di beni e servizi. Viene chiesto alla pubblica amministrazione un doveroso cambio di passo nella gestione delle risorse e un approccio, per molti versi innovativo nel contesto socio-economico nazionale, attraverso i temi della trasparenza e del contrasto della corruzione, ma tutto è lasciato alla buona volontà del singolo perché nessuno pensa di formare il personale che deve poter cambiare oltre al sistema lavoro anche quello di pensiero. Altro aspetto importante, incredibilmente, è quello della normativa. Il persistere del fenomeno corruttivo, in un ambito che sembra essere minuziosamente regolamentato, fa infatti riflettere sulla reale utilità di tutta una serie di disposizioni in materia di appalti, particolarmente gravose per le amministrazioni e per le aziende, anche a livello di costi, che poi però in pratica palesemente non riescono a garantire la trasparenza ed il corretto funzionamento. C’è poi un Ddl anticorruzione che sembra non arrivare mai, e l’azione di Consip e dell’ANAC che dovrebbero, a nostro avviso, svolgere un ruolo più marcato nella creazione e nella valorizzazione delle competenze, nelle pubbliche amministrazioni, posto che il solo uso di strumenti ispettivi e repressivi (con costi notevoli in termini di lavoro umano) non paiono in grado di innalzare il livello di efficienza del sistema anzi, inducono alla fuga di competenze e all’immobilismo. Ovviamente non stiamo qui ad invocare meno controlli, o di svicolare il nostro agire dal rendere conto dell’attività svolte, ma certamente riteniamo che sarebbe più logico, al fine della realizzazione di appalti efficienti, che le misure adottate fossero realmente indirizzate alla prevenzione del fenomeno corruttivo e all’aumento della trasparenza, senza appesantire ulteriormente procedimenti che, già di per sé, risultano piuttosto complicati. La legge 190 prevede, a nostro giudizio opportunamente, che l’individuazione delle misure ulteriori passi attraverso un coinvolgimento dei cosiddetti titolari del rischio, intendendosi per tali le persone cui vanno la responsabilità e l’autorità della gestione del rischio stesso. Riteniamo infatti fondamentale la responsabilizzazione delle figure preposte ai processi a rischio corruttivo, per l’adozione di misure che devono essere adattate alla situazione specifica di ogni singola amministrazione ovvero, nel caso che ci occupa, di ogni singola stazione appaltante. TEME 3/4.15 3