Pagamento elettronico, in molti casi è ancora in alto mare: ma qualcosa sta cambiando

Sanità, la modernizzazione viaggia ancora a ritmi lenti. Almeno in fatto di pagamenti elettronici, visto che in diverse strutture sanitarie la questione continua ad essere meno agevole di quanto si pensi. Dalla recente indagine “Moneta digitale e sua diffusione per i pagamenti dei servizi della Pa. Il caso della sanità pubblica”, a cura del Politecnico di Milano-ForumPa-Mastercard, presentata il 24 maggio a Roma in occasione di Forum Pa, emerge che ben 6 strutture sanitarie su 10. Una situazione che riflette una certa reticenza degli italiani, che continuano comunque a preferire il contante al contrario di quanto avviene altrove: basti pensare che nel 2014, in Europa, paesi come Svezia e Danimarca hanno effettuato ben 270 transazioni annuali pro capite, la Svezia circa 240 (praticamente una ogni giorno lavorativo o giù di lì), mentre in Italia eravamo fermi a circa 38. E questo nonostante l’ottima base infrastrutturale. Nello specifico della sanità, poi, la situazione è piuttosto complessa: siamo di fronte a un quadro a macchia di leopardo, in cui non in tutte le regioni è agevole pagare elettronicamente (a fronte di situazioni virtuose, come la Lombardia, il Friuli o la Toscana), vi sono ancora regioni non molto attrezzate agli sportelli della sanità. Ma gli intervistati (campione di 85 strutture sanitarie) si sono mostrati ottimisti che qualcosa stia cambiando in senso positivo anche alla luce di due acceleratori del processo promossi da AgID: il Nodo dei pagamenti elettronici”, o “PagoPA, cui dal 31 dicembre 2015 tutte le Pubbliche Amministrazioni, quindi anche tutte le ASL/AO, sono obbligate ad aderire; lo Spid, il nuovo sistema pubblico per l’identità digitale, con cui ogni cittadino avrà un PIN unico e potrà gestire anche le prestazioni sanitarie. Dalla survey, secondo Forum Pa, sta emergendo che 8 strutture sanitarie su 10 stanno lavorando sulla digitalizzazione dei servizi per la relazione con il cittadino a distanza via web. Quindi nel giro dei prossimi mesi sarà possibile per i cittadini accedere in modo semplice a servizi digitali ed eseguire pagamenti in modalità elettronica e per le ASL/AO velocizzare i processi ridurre i costi e uniformare i servizi. I servizi dovranno essere disponibili online entro il 31 dicembre 2016 (come da documento “Linee Guida per l’effettuazione dei pagamenti elettronici a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi” GU N. 31 del 7 febbraio 2014). Dalla survey condotta risulta che 4 strutture su 10 non hanno ancora abilitato i servizi di PagoPA ma stanno lavorando per farlo entro la fine dell’anno; chi lo ha fatto, in particolare, è partito con i pagamenti con carte di credito a distanza (1 struttura su 2). Tuttavia già 6 strutture su 10 consentono ai propri pazienti di pagare online o direttamente sul proprio sito web o su siti intermediari (ad esempio il CUP). Si ha l’impressione che ad una buona attività sul canale online sia contrapposto un avanzamento poco consistente nel mondo fisico, ossia ancora troppe poche strutture sanitarie consentono di pagare con qualsiasi tipologia di carta di pagamento presso gli sportelli (5 strutture su 10 dichiarano di accettare tutte le tipologie di carte su tutti gli sportelli). Tutto ciò accade nonostante la normativa europea stia spingendo verso una riduzione delle commissioni, maggiori tutele per i consumatori e obbligo di accettazione. Alcuni attori dell’offerta stanno già promuovendo condizioni agevolate per le ASL/AO per la gestione delle carte (sia online che offline) ma è emerso che il 45% delle strutture sanitarie non ne è a conoscenza per la gestione delle carte (sia online sia nel mondo fisico). Questo livello di disinformazione di quasi la metà delle strutture sanitarie intervistate è giustificabile con la complessità e la frammentazione del processo decisionale per l’accettazione dei pagamenti all’interno delle strutture: sono i Sistemi Informativi insieme alle Amministrazioni a decidere quali strumenti abilitare per i cittadini, mentre spesso manca il coinvolgimento attivo di attori che hanno una relazione diretta con gli utenti e le loro esigenze. Dall’analisi svolta emerge che il 18% delle strutture analizzate sono “ritardatarie”, ossia hanno abilitato pochi sportelli ad accettare le carte di pagamento nel mondo fisico e sono in forte ritardo nella digitalizzazione dei servizi a distanza, non credono molto nei pagamenti elettronici e ne sottolineano gli svantaggi (costi) rispetto ai vantaggi. Il 34% degli intervistati sono “online-driven”, ossia hanno abilitato pochi sportelli ad accettare le carte di pagamento nel mondo fisico, ma sembrano credere di più alla digitalizzazione a distanza, stanno privilegiando il mondo online, spinti da obbligo del nodo. Dall’altra posta ci sono i “POS-driven” (20%), ossia hanno abilitato tutti gli sportelli ad accettare le carte di pagamento, ma non hanno ancora iniziato la digitalizzazione a distanza, credono nei pagamenti elettronici e dichiarano che abiliteranno a breve i pagamenti anche online. Il 28% degli intervistati sono “convinti”, ossia hanno abilitato tutti gli sportelli ad accettare tutte le tipologie di carte di pagamento e hanno attivato i servizi digitali a distanza, credono nei pagamenti elettronici sia nel mondo fisico sia nel mondo oline e hanno raggiunto il traguardo in modo determinato, convinti dei benefici che si possono ottenere dai pagamenti elettronici. Per la quantità di interazioni quotidiane, le strutture sanitarie, e in generale la PA, hanno un ruolo rilevante nell’“educare il cittadino” ed abituarlo ad utilizzare i pagamenti elettronici. La diffusione dei pagamenti elettronici aiuterebbe l’Italia nella lotta all’economia sommersa, consentendo all’erario di recuperare quel gettito mancante per utilizzo del contante non tracciato (si stima che il gettito mancante legato al contante non dichiarato sia di circa 29,5 miliardi di euro).

 

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