Appalti alla prova Recovery Fund. Occorrono procedure straordinarie

Le risorse del Recovery Fund sono lo strumento per consentire all’Italia di superare il pantano causato dal Covid, ma anche per recuperare il terreno perduto sui temi della crescita e della coesione sociale del Paese.

Le sei missioni previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza vanno in questa direzione: digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde, infrastrutture, istruzione cultura e ricerca, equità sociale, salute.

È  un’occasione irripetibile per realizzare le riforme necessarie per colmare gap infrastrutturali, tecnologici, socio-sanitari e i ritardi nello sviluppo di alcune aree del Paese. Dunque un investimento importante, che per raggiungere gli obiettivi necessita di una governance unitaria ed autorevole che sappia definire obiettivi e regole per conseguirli.

Sul fronte degli obiettivi, è necessario declinare in modo puntuale, per ciascuna area di intervento, i fabbisogni da soddisfare e gli standard da conseguire. Di questo le stazioni appaltanti dovranno tenerne conto nel mettere a bando le risorse pubbliche. Questo e’ un passaggio determinante per imprimere produttività ed efficienza alla spesa pubblica.

Quanto alle regole, i correttivi e le semplificazioni che il Legislatore ha apportato a più riprese al codice degli appalti, sono la prova che quello del 2016 non è la chiave giusta per governare questo fiume di danaro. Occorrono procedure straordinarie applicabili ai soli appalti finanziati con le norme del Recovery (come del resto avanzato dal Commissario UE Paolo Gentiloni): poche regole, ma chiare, per dare certezza agli affidamenti, dalla fase della programmazione sino alla conclusione degli interventi, scongiurando gli appetiti perversi. Oppure se si vogliono evitare regimi speciali, metter urgentemente mano all’intero codice degli appalti, che sin dal suo varo nel 2016 ha dimostrato molte criticità, ed elaborarne uno nuovo all’insegna della semplificazione e della chiarezza delle procedure di gara.

Occorre puntare sui c.d. “appalti innovativi”, stimolando il dialogo tecnico tra le stazioni appaltanti con imprese e associazioni di categoria (di imprese come di utenti), per trasformare le risorse UE in beni e servizi che servano al benessere del Paese, quindi per compiere l’auspicato balzo in avanti.

L’Italia non può perdere questo treno.

di Angelo Lucio Lacerenza

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