Appalti: per il Consiglio di Stato il dilatarsi dei tempi non inficia le procedure

Per Palazzo Spada il dilatarsi delle tempistiche nelle gare non rende di per sé illegittima la procedura di gara. Il Consiglio di Stato così si è espresso nella sentenza n. 4199 dell’11 ottobre scorso, che ha di fatto ribaltato, annullandola, una decisione del Tar Calabria (sent. 1035/16). La questione ci riguarda molto da vicino, perché è relativa a un servizio di pulizia in un ospedale, la cui gara, indetta nel 2011, si era protratta per quasi 4 anni, un tempo che per un’azienda partecipante era “oltre ogni ragionevole lasso di tempo per la conclusione del procedimento”. L’impresa aveva pertanto richiesto la “revoca in autotutela2 del bando stesso, una posizione accolta dal Tar per “effetto distorsivo della concorrenza”. L’Amministrazione, secondo il primo giudice, avrebbe dovuto tenere in debito conto dell’effetto distorsivo della concorrenza prodotto dal trascorrere del tempo in connessione con il naturale aumento dei costi, perché sarebbe evidente che “l’effetto combinato di tali due fenomeni è stato che molti offerenti – presumibilmente quelli che avevano formulato le proposte economicamente più favorevoli per l’amministrazione, divenute però insostenibili con il passare del tempo – non abbiano tenuto ferma la proposta“. Per il CdS, tuttavia, le cose non stanno così: infatti secondo i giudici di Palazzo Spada l’allungarsi dei tempi della procedura non costituisce “ex se” principio di illegittimità, perché il principio di continuità e di concentrazione delle operazioni non è di tale assolutezza e rigidità da determinare sempre e comunque, laddove vulnerato, l’illegittimità degli atti di gara, soprattutto allorquando la procedura, per la complessità delle operazioni valutative, per l’elevato numero dei concorrenti o per altre obiettive circostanze di rilievo, si protragga nel corso di numerose sedute salvo che non sia provato – o siano quanto meno siano dalla ricorrente forniti adeguati e ragionevoli indizi – che la documentazione di gara sia stata effettivamente manipolata negli intervalli tra un’operazione e l’altra. il lievitare dei costi del lavoro anche per l’importo ipotizzato di Euro 55.000,00, conseguente alla variazione delle tabelle ministeriali – non costituenti comunque un parametro assoluto ed inderogabile e un indice tassativo di legittimità dell’offerta, ma un parametro valutativo di congruità di questa non rende automaticamente anomale le offerte a suo tempo presentate, competendo alla stazione appaltante richiedere e accertare se esse siano ancora sostenibili economicamente, nonostante il tempo trascorso, come è avvenuto nel caso di specie, ove 19 delle 29 imprese partecipanti, su espressa richiesta dell’Amministrazione, hanno confermato la propria offerta, sull’evidente presupposto di poterne sostenere i costi. Non è nemmeno corretto affermare che gli offerenti che non abbiano tenuto ferma la proposta siano coloro che “presumibilmente” avevano formulato le proposte economicamente più favorevoli per l’Amministrazione, divenute insostenibili negli anni, senza aver esaminato previamente e specificamente tali proposte, costituendo altrimenti tale argomentazione una mera congettura.

Link sentenza 4199/2016

http://www.neldiritto.it/appgiurisprudenza.asp?id=13420

 

 

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