Ddl Risk arenato al Senato fra criticità e “sedute spezzatino”

Torniamo a parlare del “Ddl risk”, più tecnicamente Ddl 2224, perché lo scorso 2 novembre è stato licenziato in Commissione Igiene e sanità del Senato lo ha licenziato, ed ora si trova all’esame (lento) dell’aula. Chiare le direttrici di fondo:  maggiore riequilibrio tra i diritti dei pazienti e la responsabilità dei professionisti; potenziamento delle attività di prevenzione e di gestione dei rischi; ridefinizione della responsabilità degli esercenti la professione sanitaria in ambito penale e civile. L’articolo 1 reca norme generali di principio in materia di sicurezza delle cure sanitarie, chiamando a concorrere alla realizzazione delle stesse il personale delle «strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private», anziché delle sole «aziende sanitarie pubbliche». Nel successivo articolo 2, chiarificatoria appare la definizione di «rischi ed eventi avversi» al posto di «errori sanitari», che implica una diversa e, probabilmente, più proattiva visione del risk management in sanità, confermata, tra l’altro, dall’esplicito collegamento alla legge di Bilancio 2015 (la n. 208), dove è prevista la costituzione di un’apposita funzione all’interno delle strutture sanitarie. Particolarmente rimaneggiato, rispetto al testo approvato alla Camera il 28 gennaio scorso, è l’articolo 5, di cui è evidente l’intento di sistematizzare le linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali, integrandole nel Sistema nazionale per le linee guida (Snlg). In tale contesto, viene notevolmente allargata la platea dei soggetti chiamati a elaborare tali raccomandazioni, avendo previsto anche «enti e altre istituzioni pubbliche e private» accanto alle società scientifiche. Queste ultime, tra l’altro, dovranno possedere alcuni requisiti minimi per poter essere iscritte in un apposito elenco istituito con decreto del ministro della Salute. Di assoluto rilievo, in un contesto teso evidentemente a replicare il modello della rca, senza tuttavia precisare l’architettura normativa di rimando, è la previsione contenuta nell’articolo 8, che sancisce l’obbligo per tutte le parti di partecipare al procedimento di consulenza tecnica preventiva, imponendo alle compagnie di assicurazione, tra l’altro, anche l’obbligo di «formulare l’offerta di risarcimento del danno», ovvero di comunicare i motivi per cui si ritiene di non formularla, e, nell’ipotesi, di mancata formulazione dell’offerta, l’invio della sentenza all’Ivass «per gli adempimenti di propria competenza». Ed è proprio sull’articolo 8 che i tempi sembrano allungarsi, e l’ok del Senato, previsto già in questi giorni, pare slittare ancora: infatti l’esame, trasformato ormai in uno “spezzatino di sedute” (nonostante l’importanza del provvedimento”, si è arenato nei giorni scorsi sul tentativo obbligatorio di conciliazione per la mancanza del numero legale.

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