La morte dell’ATI verticale e le conseguenze in tema di responsabilità delle imprese

Tra le novità più significative introdotte dal D.Lgs. 31 marzo 2023 n. 36, entrato in vigore il 1° aprile 2023 ma efficace solo dal successivo 1° luglio, vanno indubbiamente menzionate quelle in tema di raggruppamenti temporanei d’imprese (R.T.I., altrimenti definiti come associazioni temporanee di imprese: A.T.I.).
L’istituto del R.T.I. trae origine dalla necessità di due o più imprese di partecipare ad una gara d’appalto sommando i propri requisiti, ossia unendo le forze per poter essere ammessi ad una procedura e soddisfare i relativi requisiti di capacità, posto che singolarmente non sarebbero in grado di soddisfarli.
Principale tratto distintivo della disciplina del RTI rispetto ad altre modalità di partecipazione in forma aggregata (vedasi in primis i Consorzi) risiede nella sua occasionalità e specificità.
L’utilizzo di tale strumento consente, infatti, a più operatori economici di associarsi per partecipare ad una determinata gara pubblica, senza dar luogo alla creazione di un nuovo soggetto giuridico, conservando in questo modo la rispettiva autonomia organizzativa e gestionale.
Partendo da queste premesse, i cambiamenti di maggiore impatto apportati dalla nuova disciplina codicistica in materia di RTI riguardano innanzitutto le modalità di partecipazione in seno ai raggruppamenti, con particolare attenzione alla regolamentazione della ripartizione dei requisiti tra i singoli componenti del raggruppamento ai fini della qualificazione e, conseguentemente, della esecuzione dell’appalto, nonché il conseguente regime di responsabilità in capo ai medesimi operatori economici raggruppati. Si badi che la ripartizione dei requisiti non coincide necessariamente con l’attribuzione ai singoli componenti delle quote di partecipazione al raggruppamento.
Al fine di chiarire la portata della innovazione normativa in argomento, è necessario prendere le mosse dalla disciplina contenuta nel previgente codice dei contratti pubblici.
Nell’impianto del vecchio Codice, l’art. 48 del D.lgs. 50/2016 distingueva espressamente ai commi 1 e 2 tra RTI di tipo “verticale”, in cui un operatore economico era qualificato per eseguire la categoria prevalente (“lavori”) o principale (“servizi e forniture”), mentre gli altri per eseguire le categorie scorporabili (“lavori”) o secondarie (“servizi e forniture”), e RTI di tipo orizzontale in cui le categorie o tipologie di prestazioni erano considerate omogenee e, per la loro esecuzione, tutte le imprese del raggruppamento erano indistintamente qualificate.
In altri termini, si era in presenza di un raggruppamento di tipo “orizzontale” quando l’associazione d’imprese risultava finalizzata a realizzare lavori della medesima categoria (art. 48, comma 1) o ad eseguire il medesimo tipo di prestazione nell’appalto di fornitura o di servizi (art. 48, comma 2).
Al contrario, nell’ATI “verticale” la suddivisione era anche di tipo “qualitativo”, nel senso che l’impresa capogruppo o mandataria doveva necessariamente realizzare le prestazioni di natura prevalente (nei lavori) o principale (nei servizi e forniture), mentre le prestazioni scorporabili (nei lavori) o secondarie (nei servizi e forniture) erano eseguite dalle altre imprese, le cd. mandanti.
Si badi però che, in relazione alle forniture di beni e servizi, l’ATI verticale era consentita solo ed esclusivamente nel caso in cui la Stazione appaltante avesse predeterminato quale fosse la prestazione denominata secondaria, poiché altrimenti le attività oggetto d’appalto erano tutte da considerarsi come prestazioni
principali, con la conseguenza che l’ATI sarebbe stata necessariamente di tipo orizzontale.
In altri termini, nel caso dei servizi o delle forniture, laddove la stazione appaltante dimenticava di qualificare una determinata prestazione come ‘secondaria’, quand’anche si fosse in presenza di attività diverse ed eterogenee, allora era comunque vietata l’ATI verticale, ed era ammessa esclusivamente un’ATI di tipo orizzontale.
Tale aspetto aveva chiara incidenza sul regime di responsabilità dei diversi soggetti facenti parte del raggruppamento, che risultava differenziata proprio in rapporto alla quantità e tipologia delle prestazioni che ciascuna impresa era concretamente chiamata ad eseguire.
Ciò si ricavava dal tenore del comma 5 dello stesso art. 48 del D. Lgs n. 50/2016 che, in tema di “responsabilità solidale” tra i componenti l’RTI, stabiliva come “per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni
di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario
”.
Dunque, nel caso di ATI orizzontale, anche si fosse in presenza di attività eterogenee ma tutte definibili come principali, la responsabilità tra le imprese del raggruppamento era pienamente solidale nei confronti della stazione appaltante. Al contrario, nel caso di RTI verticale, la responsabilità delle mandanti era limitata
alla esecuzione delle prestazioni secondarie di relativa competenza, come assunte e dichiarate in gara (si deve infatti ricordare che il comma 4 dell’art. 48 del previgente codice dei contratti pubblici, il già citato d.lgs. 50/2016, obbligava i componenti dell’ATI a dichiarare in gara la ripartizione dell’esecuzione, anche solo in termini percentuali. In altre parole, era (ed è) obbligatorio specificare in gara, in caso di partecipazione in ATI, ‘chi fa cosa’).
Peraltro, è curioso evidenziare che, in questo contesto, il legislatore italiano (art. 83 comma 8 del Dlgs 50/2016) aveva previsto che la mandataria/capogruppo dovesse sempre “ possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”, e che poi la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la celebre pronuncia della
Sezione IV, 28 aprile 2022 in causa C-642/20, abbia considerato illegittima tale disposizione, non rinvenendosi alcun fondamento giuridico nelle direttive comunitarie circa il ruolo preponderante della mandataria, dovendo lasciare alla libertà del concorrente raggruppato la scelta dell’affidamento del mandato sotteso
all’ATI prescindendo dalla percentuale di esecuzione dell’appalto.
Ebbene, in questo contesto, la rivoluzione copernicana introdotta dall’art. 68 del D.Lgs. 36/2023 risiede nell’aver soppresso la distinzione tra ATI verticali e orizzontali, e di prevedere un’unica tipologia di ATI, quella orizzontale, con conseguente responsabilità solidale di tutte le impresse, a prescindere dai requisiti posseduti e dalle corrispondenti quote di esecuzione dell’appalto.
Il legislatore italiano ha ritenuto di dover abrogare l’ATI verticale sulla scorta di quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 28 aprile 2022 in causa C-642/20, citata in precedenza, secondo cui: “L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”.
In accordo con i principi della libera concorrenza e di massima partecipazione e apertura al mercato unico, i giudici Lussemburghesi hanno difatti chiarito che il legislatore italiano si fosse spinto oltre i confini stabiliti dalla Direttiva europea 2014/24 sui contratti pubblici: “una norma come quella contenuta nell’articolo 83,
comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva. Infatti, una norma del genere non si limita a precisare il modo in cui un raggruppamento di operatori economici deve garantire di possedere le risorse umane e tecniche necessarie per eseguire l’appalto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 4, della stessa, ma riguarda l’esecuzione stessa dell’appalto e richiede in proposito che essa sia svolta in misura maggioritaria dal mandatario del raggruppamento”
.
A chi scrive, pare chiara l’assenza di alcun nesso tra il diritto di un raggruppamento di scegliere la mandataria prescindendo dalle quote di esecuzione, e il regime di responsabilità solidale delle imprese facenti parte del raggruppamento. Tale responsabilità solidale potrebbe semmai essere imposta alla mandataria, in ragione del
ruolo di rappresentanza, e prescindendo dalla quota di esecuzione, ma non essere esteso anche alle eventuali mandanti chiamate a svolgere quote minoritarie dell’appalto, o – peggio – quote limitate a prestazioni specialistiche di peculiare competenza.
Secondo il diritto comunitario, semplicemente, la possibilità di predeterminare le modalità esecutive e le quote di partecipazione al raggruppamento non può essere rimessa alla legislazione interna e quindi predeterminata ex lege, ma deve essere lasciata alla libera scelta del concorrente raggruppato.
Il diverso regime di responsabilità delle imprese raggruppate, in base alle modalità di costituzione dell’ATI, dovrebbe essere rimesso al legislatore nazionale il quale ha ritenuto applicabile a ogni tipo di ATI la responsabilità solidale.
Il nuovo regime giuridico dell’ATI, cristallizzato all’art. 68 del D.Lgs. 36/2023, ha quindi previsto la morte dell’ATI verticale e delle responsabilità delle mandanti limitate alle quote di esecuzione ad esse spettanti.
Significativo il comma 9 dell’art. 68, in base al quale “l’offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori”.
In definitiva, la conseguenza dell’eliminazione dall’ordinamento dell’ATI di tipo “verticale” e dei limiti alla responsabilità solidale tra i componenti della stessa ATI, è che ciascun operatore economico raggruppato sia chiamato a rispondere in solido con gli altri componenti per tutte le prestazioni oggetto dell’appalto.
La riforma è di non poco momento. E’ intuitivo che l’obbligo di condividere, in solido con gli altri componenti dell’RTI, la responsabilità della corretta esecuzione di tutto il valore dell’appalto, anche in un caso in cui l’assunzione delle attività sia limitata a talune prestazioni, rischi di frenare la partecipazione alle ATI delle piccole e medie imprese, nonostante l’istituto del raggruppamento temporaneo sia nato – all’opposto – proprio per favorirne la partecipazione secondo la regola ‘l’unione fa la forza’.
Si rende quindi necessario un particolare lavoro preventivo che possa tutelare le imprese più deboli in seno ad un raggruppamento, ossia quelle che assumono l’esecuzione limitata di attività.
A questo proposito, ad avviso di chi scrive, un ruolo decisivo viene assegnato al c.d. Regolamento interno di ATI, a mezzo del quale le singole imprese componenti il raggruppamento possono concretamente intervenire a definire le rispettive prestazioni di competenza, nonché stabilire nel dettaglio i rapporti interni all’ATI, i diritti,
gli obblighi e le responsabilità.
Nello specifico, nel Regolamento interno di ATI le imprese possono stabilire in modo dettagliato gli aspetti relativi a:
• quote di partecipazione;
• eventuali anticipazioni;
• modalità di ripartizione delle prestazioni ed il regime di responsabilità;
• controgaranzie in favore della mandataria;
• eventuale comitato direttivo;
• disciplina del recesso;
altri aspetti relativi alla partnership e al mandato sotteso all’ATI.

Pertanto, se da un lato è oramai la legge a prevedere un regime di generalizzata responsabilità solidale tra le
imprese, è comunque sempre possibile definire e circostanziare le modalità di ripartizione delle singole obbligazioni nell’ambito del contratto e regolamento interno dell’ATI, in modo che poi, nei rapporti interni, la mandante chiamata a svolgere una quota minoritaria della prestazione, resti comunque tutelata a fronte dell’eventuale inadempimento dell’impresa associata, nonostante il regime di responsabilità solidale dettato dalla legge.

di Filippo Martinez – Fabio Caruso Martinez & Partners Studio legale associati

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