Licenziamenti dipendenti pubblici, sempre necessaria la motivazione

Licenziamenti dei dipendenti pubblici: obbligatorio indicare la motivazione anche se intervengono per raggiunti limiti di anzianità. A stabilirlo è la sentenza della Cassazione -sezione Lavoro- n. 11595/2016 depositata il 6 giugno scorso, riguardante due dipendenti del comune di Cologno Monzese (presso Milano) che nel 2008, raggiunti i 40 anni di anzianità contributiva, erano stati messi in cessazione secondo l’art. 72, comma 11, del Dl 112/08 (che aveva la ratio, ricordiamolo, di “svecchiare” le Pa, obiettivo poi non raggiunto per il sopraggiungere della ben nota crisi iniziata proprio in quegli anni). Ebbene, nonostante la legge prevedesse espressamente questa possibilità, ciò non toglie -stando ai giudici di Cassazione- che il licenziamento andasse comunque motivato. Infatti, si legge nella sentenza, “La facolta’ attribuita dal Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 72, comma 11, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, alle Pubbliche amministrazioni di poter risolvere il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi, nel caso di compimento dell’anzianita’ massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, deve essere esercitata, anche in difetto di adozione di un formale atto organizzativo, avendo riguardo alle complessive esigenze dell’Amministrazione, considerandone la struttura e la dimensione, in ragione dei principi di buona fede e correttezza, imparzialita’ e buon andamento, che caratterizzano anche gli atti di natura negoziale posti in essere nell’ambito del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato. L’esercizio della facolta’ richiede, quindi, idonea motivazione, poiche’ in tal modo e’ salvaguardato il controllo di legalita’ sulla appropriatezza della facolta’ di risoluzione esercitata, rispetto alla finalita’ di riorganizzazione perseguite nell’ambito di politiche del lavoro”. Tale motivazione, si aggiunge, si rende ancor piu’ necessaria in mancanza di un atto generale di organizzazione perche’ costituisce il solo strumento di conoscenza e verifica delle ragioni organizzative che inducono l’Amministrazione ad adottare atti di risoluzione contrattuale. In mancanza, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato viola le norme imperative che richiedono la rispondenza al pubblico interesse dell’azione amministrativa (Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 5, comma 2), l’applicazione dei criteri generali di correttezza e buona fede (articoli 1175 e 1375 c.c.), e i principi di imparzialita’ e di buon andamento di cui all’articolo 97 Cost., nonche’ l’articolo 6, comma 1, della direttiva 78/2000/CE.”

 

Link Sentenza

https://renatodisa.com/2016/06/23/corte-di-cassazione-sezione-lavoro-sentenza-6-giugno-2016-n-11595/

 

Condividi