Pnrr Sanità, allarme rosso dell’esperto Mauro Cappello: “Piano da rifare o soldi buttati”

Mauro Cappello, docente universitario e già ispettore del Mef: “Per aprire Case e ospedali di Comunità servirebbero 22 mila medici e 32mila infermieri”

di Enza Colagrosso

Nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza la missione numero 6, quella riguardante la Salute, nasconde forti criticità. Mancano medici, infermieri e strumentazione. Il rischio è quello di avere delle strutture vuote e inutilizzabili, che andranno ad aumentare il numero delle “cattedrali nel deserto”, bruciando almeno 3 miliardi di euro.

A dichiararlo è Mauro Cappello, docente universitario e ispettore del Ministero sugli investimenti pubblici.

Ingegnere, cosa prevede la missione numero 6 del Pnrr?

“La missione 6 del Pnrr è dedicata alla salute e prevede circa 15,63 miliardi di euro da dividere su due componenti. La prima è quella delle reti di prossimità, delle strutture e della telemedicina per l’assistenza sanitaria sul territorio; la seconda è finalizzata all’innovazione, alla ricerca e alla digitalizzazione del servizio sanitario nazionale. Nell’ambito della prima componente è prevista la realizzazione di investimenti infrastrutturali in particolare, di 1.288 Case di Comunità per un importo di 2 miliardi di euro e di 381 Ospedali di Comunità per un importo di 1 miliardo di euro che si accompagna al terzo investimento, il potenziamento della rete di assistenza domiciliare, per un importo di ben 4 miliardi di euro. Per quanto riguarda la seconda componente gli investimenti sono inerenti all’aggiornamento tecnologico e digitale per un importo di 7,36 miliardi di euro ed alla formazione e ricerca scientifica, cui è stato dedicato l’importo di 1,26 miliardi di euro”.

Come valutatore di investimenti pubblici, come giudica l’efficacia degli investimenti del Pnrr sulla Salute?

“Una cosa ha colpito subito la mia attenzione, si è scelto d’investire nella realizzazione di Case e Ospedali di Comunità ovvero su strutture territoriali che hanno la giusta funzione di lenire la pressione sugli ospedali, filtrando e gestendo l’afflusso dei pazienti. Iniziamo col dire che queste strutture prevedono la presenza di medici h 24. A questo punto la prima domanda da porsi è se abbiamo tutti questi medici e relativi infermieri. Su importanti analisi di settore, leggo che non ne abbiamo e che anzi, a oggi, senza l’impiego nelle Case e degli Ospedali di Comunità, mancano addirittura 20mila medici, senza contare i circa 45 mila che entro i prossimi 5 anni andranno in pensione e che non si sa come sostituire. Ad oggi quindi dobbiamo prepararci ad affrontare un deficit di circa 65 mila medici entro il 2026. Non dimentichiamo che abbiamo addirittura 1,5 milioni di italiani che non ha il medico di base e deve recarsi in ospedale per le normali prescrizioni. Stessa situazione per gli infermieri. Poi ci sono i problemi relativi alla disponibilità della strumentazione per attrezzare le nuove strutture. Visti i tempi amministrativi italiani, qualcuno ha già pensato a comprarla affinché tutto possa andare a regime nei tempi prescritti”?

Potrebbe, per farci capire meglio, quantificare quanti medici e quanti infermieri dovrebbero operare nei 381 Ospedali di Comunità e nelle 1288 Case di Comunità?

“Un semplice conto mi porterebbe a supporre che, per esempio, nelle Case di Comunità considerando la presenza su 3 turni di 8h servono almeno 12 medici per singola struttura che, moltiplicati poi per le 1288 Case previste, determina un fabbisogno di almeno 15.456 medici. A questi si vanno poi ad aggiungere quelli richiesti nei 381 Ospedali di Comunità (dove si prevedono da 20 a 40 posti letto), dove penso si dovranno mettere almeno 6 medici che lavoreranno su 3 turni di 8h. Ciò comporta l’impiego di almeno 18 medici per singola struttura ovvero ulteriori 6.858 medici solo per gli Ospedali di Comunità. Facendo un calcolo simile per la figura degli infermieri si arriva a determinare un fabbisogno di 15.456 unità per le sole Case mentre per gli Ospedali di Comunità servirebbero circa 17.145. In definitiva per aprire le strutture servirebbero 22.314 medici e 32.601 infermieri. Senza dimenticare che c’è anche il gap di circa 65 mila medici, in totale quindi, tra fabbisogno attuale e nuove strutture del PNRR, dovremmo pensare alla celere contrattualizzazione di circa 87 mila medici. Li abbiamo? Alla fine, potremmo scoprire che stiamo letteralmente bruciando ben 3 miliardi di euro”.

Cosa dovrebbe fare, subito, il Governo che si sta insediando?

“Il primo impegno del prossimo governo, a mio avviso, dovrebbe essere quello di rivedere il PNRR per abbandonare tutto ciò che è stato preso sotto forma di prestito pari a circa 120 miliardi di euro che difficilmente riusciremo a spendere. La Francia, la Spagna e la Germania hanno accettato solo le sovvenzioni, proprio perché si sono rese conto di non avere un’adeguata capacità di spesa. Andrebbe fatta anche un’attenta revisione dei progetti scelti, per verificarne l’attuazione. Quindi laddove fosse possibile intervenire penserei a una revisione sia dal punto di vista degli investimenti che dal punto di vista della capacità di spesa che ha l’Itali”a.

Può dare suggerimenti a chi dovrà cercare le soluzioni?

“Al nuovo ministro della Salute suggerirei di procedere alla risoluzione immediata di due gravi criticità ovvero definire subito il contratto dei medici 2019-2021 e rimuovere il cosiddetto “numero chiuso” nella facoltà di Medicina, è inutile mantenere questo filtro iniziale, devono essere le Università i soggetti incaricati di fare la selezione. Sono anche necessari interventi sul sistema sanitario finalizzati a rendere più attraente la carriera del medico in Italia piuttosto che lasciare che i nostri laureati scelgano di andare a lavorare all’estero. Come ultima cosa procederei una ricognizione delle risorse umane mediche ed infermieristiche presenti per verificare la reale disponibilità ed il concreto avvio per le Case e gli Ospedali di Comunità (PNRR)”.

L’ingegner Cappello è stato chiamato a parlare del PNRR, in un convegno organizzato a Roma, mercoledì 19 ottobre, dall’AEL (Associazione Economi e Provveditori della Sanità) che fa parte della F.A.R.E. (Federazione delle Associazioni degli Economi e Provveditori della Sanità) promosso dalla Presidente AEL, Monica Caira per affrontare il pressante problema dei prezzi di riferimento negli acquisti di servizi e forniture.

Fonte: AffariItaliani.it

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