Farmaci biosimilari, e “boom” fu

È già da diverso tempo che se ne parla, e adesso -a 11 anni dalla prima approvazione in Europa- ci sono anche i numeri a confermare le più rosee previsioni. Lo scorso anno si è registrato un boom dei consumi in Italia, con volumi triplicati, per le sette molecole con un biosimilare attualmente in commercio: si parla, da gennaio a dicembre 2016, di un livello medio di penetrazione sul mercato del 13% a fronte dell’87% occupato dai prodotti brand. In valore, il giro d’affari ha superato i 5 mln contro i 34,9 dei “griffati”. Sono le stime elaborate dal Centro Studi dell’Italian biosimilar Group (Ibg) su dati Quintiles Ims. E si attendono fatturati ancora in crescita anche grazie alle nuove modalità di gara previste dalla Manovra 2017, che applicate ai biologici di prossima scadenza e ai biosimilari di recente introduzione, potrebbero portare nei prossimi tre anni (2017-2019) a un risparmio di circa 520 milioni di euro per il Sistema Sanitario Nazionale. Fra le prestazioni delle singole molecole, spicca l’exploit del Filgrastim, con 6 prodotti in commercio e oltre il 90% del fatturato complessivo della molecola. Bene anche le epoetine, con 5 prodotti e il 60% del mercato. Per ciò che riguarda le differenze regionali, il “profondo Nord” guida con Valle D’Aosta, Piemonte e Trentino. A seguire, Toscana, Emilia e Veneto, tutte sopra il 60% di percentuale di mercato. In coda Abruzzo, Molise e Calabria. Qui i “no brand” faticano a superare il 10% di quota. Se si allarga la prospettiva a livello europeo, l’Italia è tra i primi 5 per insulina, con impatti importanti sui fatturati aziendali.

 

 

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