Il Regolamento (UE) 2024/1860 – pubblicato il 7 luglio 2024 – ha modificato varie disposizioni dei regolamenti (UE) 2017/745 (MDR) e (UE) 2017/746 (IVDR).
Particolare importanza riveste l’introduzione dell’articolo 10-bis nell’MDR.
Tale disposizione prevede l’obbligo, per il fabbricante di dispositivi medici, di informare, “senza indebito ritardo” dell’interruzione o della cessazione della fornitura di un dispositivo (c.d. “fuori produzione”). La comunicazione dev’essere inviata all’autorità competente dello Stato membro in cui egli, o il suo mandatario, è stabilito, nonché agli operatori economici, alle istituzioni sanitarie e agli operatori sanitari cui fornisce direttamente il dispositivo.
Ovviamente, la comunicazione non riguarda qualsiasi “fuori produzione”, ma soltanto le interruzioni che possono arrecare un grave danno, o un rischio di grave danno, per i pazienti o per la salute pubblica in uno o più Stati membri.
Salvo casi eccezionali, le informazioni devono essere date almeno sei mesi prima del momento in cui si prevede l’interruzione o cessazione delle forniture.
Questi obblighi nascono dall’esigenza di evitare che vi sia penuria di dispositivi medici, con il rischio di privare l’utenza delle cure necessarie. Al contempo, però, questi obblighi sollevano una serie di problematiche. Su tutte, non è chiaro l’ambito applicativo della norma, la quale impone al fabbricante di comunicare tali informazioni soltanto a fronte di un rischio “grave” per la salute dei pazienti, senza fornire ulteriori specificazioni.
Inoltre, sono previsti obblighi complementari relativi alla supply chain: in pratica, anche i semplici distributori “informano senza indebito ritardo gli eventuali altri operatori economici, le istituzioni sanitarie e gli operatori sanitari cui forniscono direttamente il dispositivo in merito all’interruzione o alla cessazione prevista” (art. 10-bis, par 3, MDR).
Il presente articolo approfondisce la disciplina introdotta dall’art. 10-bis MDR, esaminando le criticità applicative e i nodi interpretativi irrisolti nella disposizione, al fine di fornire indicazioni pratiche agli operatori.
Il Regolamento UE 2017/745 (MDR): quadro normativo ed evoluzione
Il Regolamento (UE) 2017/745 (MDR) ha apportato un cambiamento strutturale nella normativa europea in materia di dispositivi medici, rendendo il quadro regolatorio più rigoroso e articolato, al fine di garantire livelli elevati di sicurezza, efficacia e qualità dei prodotti immessi sul mercato.
Uno dei cardini dell’MDR riguarda proprio il rafforzamento delle responsabilità di tutti gli attori coinvolti nella “filiera” – dai fabbricanti agli importatori, dai distributori ai mandatari – ai quali è oggi richiesto un ruolo attivo e partecipativo durante l’intero ciclo di vita del dispositivo. Non si tratta più, dunque, di garantire soltanto la conformità dei prodotti al momento dell’immissione in commercio, ma di assicurare anche un monitoraggio costante delle prestazioni e della sicurezza del dispositivo anche nella fase post-commercializzazione.
Il Regolamento ha riformato in radice diversi ambiti della disciplina previgente: dalle condizioni per l’immissione sul mercato alle procedure di valutazione della conformità, dai requisiti per le indagini e valutazioni cliniche alla vigilanza post commercializzazione, soffermandosi su una più stringente supervisione degli organismi notificati oltre che su un rafforzamento delle attività di sorveglianza del mercato.
L’intervento normativo è stato guidato dalla volontà dell’Unione Europea di garantire un mercato interno più integrato e coerente, innalzando al contempo gli
standard qualitativi e di tutela della salute pubblica. In questo senso, l’MDR funge da pilastro fondamentale della strategia dell’Unione Europea volta a rafforzare il sistema regolatorio nel settore dei dispositivi medici.
Il nuovo Regolamento introduce un elenco dettagliato di requisiti generali di sicurezza e prestazione che tutti i dispositivi devono rispettare per ottenere e mantenere la certificazione CE. Inoltre, impone obblighi maggiori in capo agli operatori economici, i quali sono chiamati ad assicurare la tracciabilità, il controllo, nonché la trasparenza in ciascuna fase della filiera.
Criticità applicative e punti da chiarire: cosa s’intende con l’espressione “danno grave” e “rischio di danno grave”?
In questo contesto si inserisce l’art. 10-bis già descritto in precedenza. Esso, come anticipato, presenta alcuni problemi applicativi.
Certamente, l’interpretazione dell’espressione “grave danno per i pazienti e per la salute pubblica in uno o più Stati membri” necessita di chiarimenti, anche alla luce del fatto che non sembra esserci una giurisprudenza che definisca con precisione che cosa si intenda per “danno grave” o “rischio di danno grave” in questi casi.
Possiamo però tentare di enucleare alcune fattispecie: ad esempio, si pensi all’importanza del dispositivo per il proseguimento delle cure in casi di comprovata emergenza/urgenza. In questi casi, l’interruzione o la cessazione della fornitura del dispositivo avrebbe implicazioni potenzialmente fatali sui destinatari diretti.
Ed ancora, in ipotesi di carenza di alternative disponibili sul mercato, la gravità sarà più semplice da provare, a differenza di quanto accadrebbe in presenza di alternative equivalenti. Va da sé che questi elementi andranno correttamente ponderati a seconda dei dispositivi in distribuzione.
In questo contesto, peraltro, il requisito della “gravità” va valutato anche operando i dovuti distinguo, come per esempio:
1)l’interruzione temporanea rispetto alla cessazione permanente;
2)periodo breve di interruzione rispetto al lungo periodo;
Infine, in quali circostanze è “ragionevolmente prevedibile” che il “fuori produzione” produrrà rischi per la salute? Probabilmente, tali valutazioni dovranno essere compiute al momento in cui il fabbricante programma l’interruzione della produzione, non già al momento in cui questa si verifica. In pratica, al fabbricante è richiesto di “prevedere” il rischio che si potrà verificare al cessare
della sua produzione .
Tempi e modalità di reazione dei soggetti pubblici coinvolti
Come visto, le comunicazioni devono essere inviate almeno 6 mesi prima rispetto alla cessazione della produzione. Il regolamento consente però delle deroghe in
casi “eccezionali”. Sennonché, l’ambito applicativo di tali eccezioni non è chiaro, così come non è chiaro come vada documentata tale eccezionalità.
Questo aspetto è importante da chiarire, perché da ciò discende il rispetto o meno dell’art. 10-bis da parte del fabbricante. Inoltre, le tempistiche previste dal regolamento sono anche necessarie per garantire un congruo preavviso per tutti i soggetti istituzionali coinvolti.
In particolare, l’autorità competente nazionale deve informare le autorità degli altri Stati membri e la Commissione “senza indebito ritardo”. In pratica, possono sorgere difficoltà se l’interruzione riguarda solo uno Stato. Sarà probabilmente opportuno adottare procedure coordinate per la ricezione e la valutazione di tali notifiche a livello nazionale e sovranazionale, attingendo anche alle banche dati europee per la tracciabilità dei dispositivi medici (es. codici UDI, Eudamed ecc.).
D’altra parte, gli Stati membri dovranno prevedere procedure interne per ricevere e gestire le notifiche. In Italia, il Ministero della Salute è tenuto ad adottare le misure
necessarie per veicolare le segnalazioni agli enti sanitari a livello locale.
In poche parole, a fronte del “fuori produzione” preannunciato, è necessario risalire al fabbricante e al tipo di dispositivo per valutare l’impatto dell’interruzione e
cercare alternative, se del caso.
Conclusioni: i risvolti pratici della disciplina
In conclusione, uno degli obiettivi dell’art. 10-bis MDR è garantire maggiore trasparenza e prevedibilità nella catena di approvvigionamento. Questa finalità viene perseguita anticipando e/o prevedendo le interruzioni, nell’ottica di ridurre l’impatto delle carenze di dispositivi medici.
Senz’altro, il coordinamento tra i vari Stati Membri costituisce una precondizione per una risposta effettiva a livello sovranazionale, soprattutto laddove, ad esempio,
un dispositivo manchi in più paesi.
L’auspicio è che, grazie al preavviso di sei mesi, gli ospedali e le altre istituzioni siano in grado di pianificare adeguatamente le alternative per garantire i livelli essenziali di assistenza.
Tuttavia, come evidenziato, permangono incertezze in merito ad alcune definizioni essenziali: restano dei dubbi sulla nozione di “grave danno”, sul concetto di “ragionevole prevedibilità del danno” e su quali siano le “circostanze eccezionali” che giustificano una deroga all’obbligo di preavviso semestrale. Tali espressioni
lasciano un ampio margine di interpretazione.
Sarà dunque essenziale monitorare le prassi applicative, i chiarimenti forniti dalla Commissione europea e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione
europea. Nel frattempo, è senz’altro consigliabile tenere un approccio cauto, orientato al principio di precauzione: in casi dubbi, sarà tendenzialmente preferibile
notificare il “fuori produzione” nel termine previsto dal Regolamento.
Articolo di Giampaolo Austa – Studio legale Legal Team – professore a contratto di diritto amministrativo all’Università degli studi della Tuscia

 
	
	 
	