Inabilità alla mansione? Licenziamento, non risoluzione automatica. Anche nella PA

La Corte di Cassazione, con sentenza 19774/2016 depositata il 4 ottobre scorso, ha stabilito il principio secondo cui anche nel pubblico impiego l’inabilità assoluta e accertata alla mansione lavorativa non configura, di per sé, l’ipotesi di “risoluzione automatica del rapporto di lavoro”, ma integra gli estremi di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo ex art. 18 dello Statuto dei Lavoratori così come rivisto dalla “legge Fornero 92/12″, che in questo senso risulterebbe dunque applicabile anche al pubblico impiego. La Cassazione infatti ha ribadito che la risoluzione del rapporto di lavoro per sopravvenuta inidoneità psicofisica del dipendente alle mansioni, anche se adottata all’esito del giudizio espresso dalla Commissione medica nel contesto di specifiche disposizioni previste per il pubblico impiego, costituisce licenziamento per giustificato motivo oggettivo e ricade nel regime sanzionatorio di cui all’articolo dello 18 Statuto dei lavoratori, nella versione successiva alla riforma introdotta dalla Legge 92/2012 (Legge Fornero). Il comma 7 dell’articolo 18, a cui espressamente si riferisce la Corte di cassazione, recita che si applica la reintegrazione in servizio, con ulteriore indennità fino ad un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in ipotesi di difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nella inidoneità fisica o psichica del lavoratore. A questa specifica disposizione la corte di legittimità riconduce, nel contesto del pubblico impiego privatizzato, il licenziamento intimato ai sensi dell’articolo 55 del Decreto legislativo 165/2001 in un caso di «permanente inidoneità psicofisica del lavoratore», evidenziando che anche in questa ipotesi il recesso datoriale non costituisce un effetto automatico, bensì una tra le opzioni cui la pubblica amministrazione è legittimata a ricorrere.

 

sentenza-n.-19774-del-2016

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