“Tempo di cambio”, questo (quasi) sconosciuto

Per “tempo di cambio” si intende, è bene ricordarlo, il tempo impiegato dal lavoratore (in questo caso il personale sanitario) per indossare l’abbigliamento da lavoro (camice, tuta, casacca, pantaloni, cuffia, zoccoli) prima di andare a sostituire il collega a fine turno. Ora, la situazione in sanità è a questo proposito non poco confusa e controversa (e crea diverse tensioni e malintesi fra colleghi), anche se la recente entrata in vigore dell’ormai famosa legge 161/14 sull’orario di lavoro ha messo ordine anche su questioni lasciate spesso al caso o al “sentito dire”. Proprio su questo punto è recentemente intervenuto, sulle pagine di 24 Ore Sanità, Mirko Schipilliti (Settore Anaao giovani -Regione Veneto), che ha sottolineato come “tali procedure riguardano anche la sicurezza dei pazienti, e sono spesso definite da specifici protocolli aziendali, rientrando inoltre nell’obbligo di riconoscibilità del personale sanitario da parte degli utenti anche per agevolarne i rapporti coi dipendenti pubblici”, sottolineando come alla luce di sentenze, pronunciamenti e chiarimenti (ultimi dei quali la sentenza della Cassazione n. 2837 del 7 febbraio 2014 e la sentenza n. 3977 del 19 febbraio 2014 della Cassazione, sezione Lavoro), risulta che il tempo di cambio è orario di lavoro effettivo, poiché il personale ha l’obbligo di lavorare con le divise messe a disposizione dall’Azienda sanitaria locale e a cambiarci nei locali preposti dalla stessa. E’ pertanto corretto e legittimo timbrare l’entrata in servizio esattamente in orario e cambiarsi solo successivamente, anche perché rientrando il tempo di cambio nell’orario di lavoro non è possibile anticipare quest’ultimo, anticipo che può legittimamente non essere riconosciuto.

 

 

Link legge 161

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/11/10/14G00174/sg

Sentenza n. 2837

Link Sentenza 3977/14

http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10665:cassazione-civile-sez-la

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