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i 50 anni di teme Nella magica cornice di Venezia si applaude al primo Premio F.A.R.E. Redazionale Teme, alla fine degli anni ottanta, ha cazione gestita dall’associazione ligure. ormai dimenticato l’esperienza di “Sin- In quegli anni viene istituito il Premio tesi” e, con la guida dell’A.L.P.E e del F.A.R.E. che a Venezia, nella Scuola di San nuovo Direttore Responsabile Romano Rocco, individua in Paolo Biancoli il suo Strizioli è ormai proiettato verso almeno primo vincitore. Una menzione speciale un decennio di continuità nella pubbli- venne poi data a Claudio Cerasi. IL PREMIO PER UNA SANITà INTELLIGENTE di Giordano Sanfelici È il tardo pomeriggio di venerdì 28 ottobre. Nella Sala Grande Su periore della Scuola di San Rocco, a Venezia, sta prendendo l’avvio la cerimonia di conferimento del Primo Premio Nazionale FARE 1988. Quando tutto il pubblico che occupa il parterre ha preso posto e l’annunciatrice inizia a parlare pare di cogliere i segni di una ambientazione perfetta. In quel santuario del capolavoro del Tiepolo (c’è anche una annunciazione del Tiziano) si è ora instaurata un’atmosfera di serena autorevolezza. Perché il Premio FARE? È il risultato di un atto di coraggio ed una doverosa riaffer- mazione che i fondamenti su cui ancora si regge la nostra società sono ben vivi ed ope- ranti e riescono ad assorbire e a superare ostacoli e involuzioni causati dagli eccessi del clientelismo e delle consorterie e dagli eccessi della politicizzazione. E a riaffermare con forza questi principi giunge, con questo premio, sul palcoscenico anche dei mass media, la categoria degli economi e dei provveditori della sanità italiana. Un premio che rimette al centro del discorso sulla sanità il malato, il suo diritto alla salute. E lo fa premiando quegli studi che tendono a migliorarne l’assistenza. Dicevamo che il Premio è un atto di coraggio perché cade in un momento in cui è divenuto di moda sparare sulla sanità e sulle Usl. E si spara nel mucchio, anche se poi non si può negare l’evidenza del fatto che nel complesso i servizi danno comunque le prestazioni richieste. La cerimonia procede. Prende la parola D’Alessandro, che coglie l’occasione per sinte- tizzare nel proprio intervento le linee direttrici della FARE dopo il dibattito svoltosi nel suo primo anno di presidenza. Gli succede, al microfono, D’Agnolo, il padre del Premio, che parla un linguaggio concreto e incisivo. Quindi il conferimento e le motivazioni dei premi (che il lettore può trovare nelle pagine che seguono). Nella Sala Grande l’illuminazione è capovolta: per evidenziare i quadri del soffitto la luce sale, da otto padelloni edue faretti, verso l’alto, animando così i personaggi del Tiepolo, vigorosi di spazio e di colore: da Adamo ed Eva a Giona e la balena, dal Mosé che trae l’acqua dalla roccia alla scala di Giacobbe, dal terribile sacrificio di Isacco a Elia nutrito da un angelo. Intanto la Venezia esterna si fa viva col suono delle campane. Dapprima un battere maestoso e cadenzato, poi rintocchi più fitti e richiamanti. Qualche tempo dopo, anco- ra, uno scampanare simultaneo a due voci: una tonda e solenne, l’altra metallica e incalzante. La Sala Grande si fa ancora più spettacolo nel finale: suonano “Gli ottoni di Verona” che eseguono musiche del XVI secolo. Una finale “Canzoni” di Giovanni Gabrielli si amalgama perfettamente all’ambiente sposando musica e pittura. 38 TEME 6.12